lunedì 23 gennaio 2017

La donna senza nome...fisso


Se pensavate di leggere la recensione di un libro o di un film intrigante, vi siete sbagliati. Questa è una storia vera. E' la mia storia, o, più precisamente , quella del mio nome.

Correva l'anno 1944. C'era la guerra e il giorno 12 del mese di novembre  nasceva una bambina, a cui veniva dato il nome di Maria Giovanna. Lo so, questa storia l'ho già raccontata un sacco di volte, ma qui il punto non è la storia, è il nome.

Sul perché di Giovanna non ci sono mai stati dubbi: mia sorella Alma, all'epoca diciottenne, aveva perso un caro e giovane amico di nome Giovanni, abbattuto da poco con il suo caccia durante un'operazione militare. Ricordarlo con una nuova vita era il minimo che si potesse fare.

Sul perché di Maria c'erano diverse opzioni, ma la prevalente era quella classica: una forma di devozione e ringraziamento nei confronti della Madonna che aveva fatto sì che il quinto parto di una quarantenne, in condizioni spazio-temporali di evidente disagio, fosse andato a buon fine.

Del resto quella del doppio nome era una prassi di famiglia: mio padre si chiamava Arturo Daniele e le mie sorelle più grandi erano state battezzate con i nomi Alma Maria Luisa, Raffaella Eugenia, Nicoletta Virginia, e Annamaria. Unica eccezione era mia madre che aveva un nome solo, breve, palindromo e con il minimo sindacale di vocali e consonanti :Anna.

Con il trascorrere del tempo i secondi nomi delle mie sorelle erano rimasti solo sui certificati di nascita e nessuno li ricordava più, salvo quello di Annamaria, perché indissolubilmente legato al primo.
Il mio invece , Maria Giovanna, doveva essere di qualità scadente, destinato come certe stoffe ad accorciarsi o a cambiar colore quando si bagnano. Del resto c'era la guerra e quando c'è la guerra...





Durante i miei primi anni di vita, per la verità, il mio nome  era per me semplicemente un suono che mi identificava, senza diminutivi o vezzeggiativi , tra i componenti della famiglia. Non mi sembrava né bello né brutto, era il mio nome e basta.

Quando però incominciai ad andare per il mondo, cioè a frequentare la scuola, il mio nome smise di essere solo un suono e diventò anche una forma: qualcosa che avrei visto scritto con i miei occhi, e non solo sentito, sulla prima pagina di ogni quaderno, sull'immaginetta della Prima Comunione, nell'album dei ricordi, sulla pagella, sulla tessera del tram...e così sarei stata Maria Giovanna per tutti.

Non fu così: quel doppio nome non attecchiva e sempre più spesso Maria spariva e restava solo Giovanna. E non solo per le compagne di scuola il mio nome era solo Giovanna, ma mi capitava di vederlo scritto così, solo soletto, anche su certi documenti "ufficiali". Così mi sentivo dimezzata; non riuscivo proprio a identificarmi con quel nome orfanello...



Con l'inizio della scuola superiore a 14 anni avrei conosciuto un nuovo ambiente, nuovi compagni, nuovi amici e forse era il momento adatto per presentarmi al mondo in modo nuovo. Non era impresa facile : esclusi i nomi immaginari troppo complicati da gestire, avrei potuto riproporre il mio nome originale, Maria Giovanna, con il rischio però di vederlo di nuovo tagliato a metà...
d'altra parte, se qualcuno in passato aveva tagliato Maria, a me sarebbe bastata una sforbiciatina  per non essere più solo Giovanna e diventare.... Vanna.
Ero Vanna quando incontrai per la prima volta Franco, che sarebbe diventato poi mio marito, quando fui presentata alla sua famiglia, quando condivisi con le nuove compagne d'Università la stanza in pensionato e i soggiorni di studio all'estero, quando incontrai nuovi amici durante le vacanze al mare. 
Per una decina d'anni  tutte le persone incontrate mi avrebbero conosciuta e ricordata con questo nome. 

Recentemente ho ritrovato in una vecchia scatola da scarpe un paio di centinaia di cartoline che credevo di aver buttato da tempo: tutte datate tra gli anni '59  e '68, tutte indirizzate a una certa Vanna da città italiane e straniere, da località di villeggiatura di mare e di montagna.
Saluti da Ranée, da Paolo, da Franco, da Liliana , da Anna , da Giorgio, da Donata, da Lilli, da Yorg, da Niki, da Gabriella....
Di quasi tutti loro ho perso le tracce da più di quarant'anni e se mai sono rimasta nei loro ricordi, solo pochissimi sanno che quella Vanna non c'è più da tanto tanto tempo.



Infatti era destino che il mio nome si modificasse ancora , senza però tradire la sua origine. Questa volta a decidere non sarei stata io e nemmeno persone estranee; il cambiamento sarebbe avvenuto gradualmente proprio dall'interno della famiglia.
Una nipotina a cui ero particolarmente legata, non riuscendo a pronunciare il nome Maria Giovanna, ne aveva elaborato una personalissima sintesi che lo faceva diventare Mianna.




In quel nome finalmente ritrovavo tutta la mia storia, la mia identità, dentro e fuori dalla famiglia e con questo nome, ormai da quasi cinquant'anni, mi riconoscono i parenti più stretti, gli amici più cari, vicini o lontani che siano.

Fu così che tutti vissero felici e contenti.

Ah, quasi dimenticavo....Qualche anno fa, quei signori che hanno inventato il Codice Fiscale mi hanno informato che, dagli accertamenti fatti, il mio nome è uno e uno solo:  Mariagiovanna, tuttoattaccato....grrrrrrr.























2 commenti:

  1. Tra tutti questi nomi direi che Mianna è quello che mi piace di più!
    Ciao
    Patty

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  2. Grazie per il tuo racconto. Da un’altra Maria Giovanna tutta la solidarietà possibile! ;)

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