sabato 28 febbraio 2015

Monopoly o Monòpoli??

A Fabio piace collezionare giochi in scatola (non vi dico la sua età perchè potreste trarre conclusioni sbagliate...). Fin da bambino, nei pomeriggi caldi d'estate, radunava i suoi amichetti sotto il portico di casa e li intratteneva per ore con "Il pranzo è servito", "La ruota della fortuna", "Il Paroliere", e altre amenità , che comparivano regolarmente sul mercato ogni volta che una trasmissione televisiva aveva successo.
Naturalmente con il passare degli anni Fabio si è interessato a giochi in scatola più impegnativi ,  il famoso Risiko in primis, da utilizzare con parenti ed amici in occasione delle festività natalizie e la sua collezione si arricchisce ogni anno con le mode del momento...  infatti, giusto il Natale scorso, ho subito un smacco umiliante in un confronto a base di piatti virtuali nel gioco "Master Chef" .....









Il pezzo forte della collezione di giochi in scatola di Fabio è senza dubbio il "Monopoli" presente in più di 20 esemplari provenienti un po' da tutto il mondo.





Da parte mia confesso di non aver mai nutrito un grande interesse per questo gioco, troppo lungo per i miei gusti e poco adatto alle scarsissime abilità imprenditoriali in campo immobiliare della sottoscritta; tuttavia visto il grande successo internazionale di cui gode, ho cercato di scoprirne almeno le origini.

Si racconta che nel marzo del 1933 un meccanico disoccupato di Philadelphia, Charles Brace Darrow, costruì a casa sua il prototipo di un gioco che di lì a poco sarebbe apparso nei negozi con un nome destinato a diventare famoso: Monopoly, Monòpoli come era chiamato in Italia, è uno dei giochi registrati di maggior successo del mondo: se ne sono fatte decine di versioni,sia adattate per i diversi paesi, sia "speciali", dedicate un po' a qualsiasi cosa, dai Simpson alla Ferrari . Il marchio è oggi di proprietà della Hasbro.







Darrow costruì il tabellone del gioco con un pezzo di tela cerata steso sopra un tavolo, le case e gli hotel con pezzetti  di legno e per le pedine usò i ciondoli di un vecchio braccialetto di sua moglie. Alle strade diede i nomi di quelle di Atlantic City, la città dove passava le vacanze da bambino.
L'intrepido meccanico portò il suo prototipo alla Parker Brothers, una casa produttrice di puzzle e giochi da tavolo, che rifiutò l'idea di questo gioco ritenendolo troppo difficile e lungo.
Così Darrow decise di registrare il prototipo in proprio e cominciò a promuoverlo da solo nei negozi di Philadelphia.
Il gioco ebbe molto successo, tanto che la Parker Brothers ritornò sui suoi passi e comprò i diritti per venderlo negli Stati Uniti. Le prime scatole del nuovo gioco, vendute a 2 dollari l'una, apparvero nel 1935 e nonostante la grande crisi economica nel paese, ne furono prodotte 2 milioni di esemplari nei primi due anni.




La prima edizione estera fu quella inglese. Per l'occasione le vie vennero ribattezzate con i nomi di celebri strade di Londra, una pratica consueta quando il gioco viene introdotto in un nuovo paese.

Ci sono però altre versioni della storia di Monopoly che mettono in dubbio che la "pensata" di Darrow fosse tutta farina del suo sacco.
Tra la fine dell'800 e gli inizi del '900 si erano diffuse con grande successo a Philadelphia le teorie economiche del filosofo e scrittore Henry George la cui opera più famosa era intititolata Progresso e Povertà.La sua idea principale era che nessun individuo poteva reclamare il diritto di possedere un terreno o meglio di vivere di rendita su di esso, dato che era la società che gli dava un valore. Bisognava dunque provvedere a una riforma della proprietà terriera, introducendo una tassa sui terreni e le risorse naturali.




Lizzie Magie, un'attrice del Maryland, fervente sostenitrice delle teorie economiche di Henry George, incominciò a distribuire nel 1906 un gioco chiamato "The Landlord's Game". Il quadrato del gioco era molto simile a quello del futuro Monopoly, così come lo era il meccanismo del gioco; in questa versione però i giocatori potevano sopravvivere tutti se decidevano di pagare una "tassa", in accordo con le teorie di George.
Sembra dunque che una versione semplificata del Landlord'sGame venne mostrata da un amico a Darrow nei primi anni Trenta. Da lì la sua ispirazione.






Un altro filone della rocambolesca storia del Monopoly si sofferma sulla causa legale che a partire dagli anni Settanta il professor Anspach ebbe contro la Parker Brothers per difendere il suo "Anti-Monopoly", che aveva incominciato a vendere autonomamente con discreto successo. Il gioco esiste ancora oggi e ha un obiettivo opposto all'originale: combattere il formarsi del monopolio di un solo giocatore.
La causa arrivò alla Corte Suprema e portò alla distruzione nel 1974 di 37000 copie del gioco di Anspach che vennero sepolte con i bulldozer in una discarica del Minnesota. Tra l'altro Aspach e la Società si misero d'accordo e oggi Anty-Monopoly è venduto sotto licenza della Hasbro.




E in Italia?
Nel 1935 Arnoldo Mondadori ricevette dagli Stati Uniti  una scatola  del Monopoly e la mostrò ad alcuni traduttori della sua casa editrice, dicendo che personalmente non era interessato a pubblicare giochi ma che avrebbe sostenuto una loro iniziativa. Del gruppo faceva parte anche Emilio Ceretti, giornalista, critico cinematografico,  grande amante della cultura americana e traduttore per la Mondadori di autori come Huxley e Lewis. Dopo il suggerimento di Mondadori, Ceretti si mise in società con due colleghi e fondò l'Editrice Giochi.
Il loro primo prodotto fu appunto il Monopoli che nella versione italiana dovette adattarsi alle leggi e alle impostazioni culturali del fascismo. Le parole inglesi  o straniere non erano permesse e così il gioco venne italianizzato in Monòpoli, che in italiano non ricordava più il monopolio come nell'originale, ma al massimo la cittadina italiana in provincia di Bari. Per decenni la confezione continuò a indicare l'accento sulla seconda o.
Dal 2009 anche la versione italiana si chiama Monopoly, come l'originale.
I nomi delle strade della prima edizione italiana erano per lo più nomi di strade di Milano, con grande spazio alla toponomastica fascista.
Nonostante ciò, all'inizio le autorità non vedevano di buon occhio questo gioco così "capitalista", ma lo tollerarono visto il suo grande e immediato successo.






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